Le origini del Tantra

“Nel Tantra la spiritualità non è una vetta da raggiungere, non è qualcosa da praticare in un tempio: il corpo stesso è un tempio.” Oshho 

Le origini del Tantra: il termine deriva dalla radice tan– “tendere” e tra– “salvare”: la radice tra– alluderebbe metaforicamente all’ordito della tela, alla “trama” con cui lentamente si tesse l’opera letteraria, proprio come una tela, intrecciando le parole secondo un ordine e un senso compiuto. Tantra equivale quindi, secondo la celebre definizione fornita dallo studioso Mircea Eliade, a “ciò che espande ed estende la conoscenza”

Come i Purana i tantra sono testi relativamente recenti, se si pensa che il movimento di pensiero (tantrismo) che ha ispirato la composizione delle opere si colloca nel V sec. d.C. (in una fase storica che per l’Europa corrisponde all’inizio del Medioevo) ad opera dei fondatori Nagarjuna ed Asanga.

I contenuti filosofici che sono alla base di questo innovativo orientamento denominato Tantrismo sono comunque di origine molto più antica rispetto agli stessi testi che hanno semplicemente sistematizzato e codificato in epoca più recente elementi e pratiche ritualistiche per buona parte di provenienza non indoeuropea.

I tantra sono considerati testi dipendenti dalla smirti, “tradizione” pur rivendicando il carattere dell’ortodossia dichiarandosi  sruti (sacre verità rivelate, udite dai rishi) e agama (tradizione sacra tramandata), e si definiscono anch’ essi il quinto Veda.  La smirti, letteralmente”ricordo”, è l’insieme delle prescrizioni rituali non rivelate, ma elaborate dalle scuole sacerdotali in epoca più recente. I tantra sono in genere opere anonime e piuttosto lontane dall’ortodossia vedica, in quanto, rispetto alle norme stabilite dai Veda, indicano agli adepti un percorso spirituale di liberazione e di affrancamento dal mondo terreno che non mortifica né rinnega la materia, ma piuttosto trasforma la materia in un veicolo di sovrumana conoscenza (a dispetto del disprezzo che gli asceti manifestavano nei confronti di ogni sorta di “piacere” che non fosse di natura strettamente spirituale). L’uomo non ha bisogno di sottrarsi alla propria carnalità o materialità per elevarsi spiritualmente e sottrarsi alla impietosa legge karmica: una nuova via si può percorrere per raggiungere la conoscenza, quella della conoscenza che si sostanzia dell’esperienza nella sua molteplice varietà di espressioni. L’unione con l’assoluto e l’elevazione spirituale, mete della nostra evoluzione individuale, sono possibili risvegliando le energie latenti dell’uomo attraverso, per esempio, l’unione sessuale considerata nella filosofia del tantra manifestazione dell’unione sacra tra Shiva e Shakti che con il loro amplesso cosmico danno vita alla creazione.

I Tantra comprendono anche testi di Hatha Yoga, trattati relativi al culto, all’adorazione dei diagrammi mistici e così via.

Il tantrismo assume un ruolo determinante nel momento in cui nell’uomo viene meno la capacità di comprendere le verità contenute nelle Upanishad. Esso offre agli individui dell’era attuale, kali-yuga, la possibilità di liberazione dal ciclo delle rinascite, attraverso un sistema evolutivo contenente l’essenzialità del culto sacrificale vedico, del monismo upanishadico, della bhakti espressa nei Purana, dello yoga esposto da Patanjali e degli elementi mantrici dell’Atharva Veda.

I Tantra, tradizionalmente, sono composti da alcune parti dottrinali, altre dedicate ai rituali, all’adorazione e a tecniche spirituali e comprendono gli Agama.  Agama significa “ciò che è stato tramandato e si riferisce ad una antica tradizione riguardante l’adorazione della divinità e i suoi aspetti filosofici, psicologici e ritualistici, rivelati sia oralmente sia attraverso testi scritti.

È la rivelazione di una conoscenza tradizionale (agama), ossia quella che esce dalla bocca di Shiva e penetra nell’orecchio di Parvati. Quando, al contrario, è Parvati a rivelare la conoscenza a Shiva, è detta nigama. Gli Agama si applicano preferibilmente alle fonti shaiva e shakta, ma quelli in congiunzione con il pancaratra si applicano anche alle fonti d’ispirazione vaisnava.

Il Pancaratrika Vidhi, che è la combinazione dei sistemi ritualistici vedici e tantrici, è alla base della compilazione dei Vaisnava Tantra. Vengono elencati tradizionalmente 64 testi i quali si suddividono in base alla deità adorata.

Al centro del Tantra è il culto della Shakti, la Dea Madre venerata sotto innumerevoli nomi (Devi, Durga, Kali, Parvati, Uma, Padma, Chandi, Tripura-sundari), culto radicato nel passato neolitico e messo in ombra per circa mille anni dalle divinità maschili del pantheon ariano patriarcale. Il Tantra è dunque una filosofia antichissima, sicuramente pre vedica che ricominciò a riaffermarsi nel periodo delle tarde Upanishad sino a giungere ai giorni nostri, Età del Ferro, in cui la Devi è ancora divinità principale.

In effetti i tantrici parlano dei loro testi come del quinto Veda, del Veda di Kali Yuga: “per la prima delle quattro ere del mondo fu data la Shruti, per la seconda la Smriti, per la terza i Purana e per la quarta gli Agama (testi tantrici)”. Il Tantra riconosce l’autorità dei Veda, non rifiuta la tradizione ortodossa, accetta la maggior parte degli elementi vedantici, ma sposta sempre l’accento sull’aspetto positivo di Maya. Il mondo secondo i Tantra è l’infinita manifestazione dell’aspetto dinamico del divino, la Dea è Maha Maya e personifica l’Illusione Universale che illude il mondo con il suo potere e fa apparire la magia della creazione, della conservazione e della distruzione. E questo mondo, proprio perché è la dispiegazione della Dea non deve essere svalutato o considerato imperfetto e fonte di ogni sofferenza, ma al contrario celebrato, penetrato dall’intuizione e sperimentato fino in fondo. Il Tantra dice Sì al mondo, laddove l’ascetismo dello Yoga, l’isolamento perfetto del Samkhya e la negazione della realtà di certo Vedanta dicevano No.

Il vero amante della Dea non cerca la liberazione né la dissoluzione nel Brahma: “Mi piace lo zucchero – diceva il poeta Ramprasad – ma non desidero diventare zucchero!” “Coloro che soffrono le pene del samsara, cerchino pure la liberazione: il devoto perfetto non soffre, perché può vedere e sperimentare la vita e l’universo come rivelazione di quella suprema forza divina (Shakti) che egli ama”.

Di conseguenza non c’è differenza tra i frutti del Trivarga (Artha, Kama e Dharma) e Moksha, non c’è contrapposizione tra questa realtà e la liberazione: scrive sempre Ramprasad: “Vieni, o mente, andiamo da Kali, l’albero che esaudisce tutti i desideri e lì sotto raccogliamo i quattro frutti della vita (…) Fa ciò che desideri. Chi cerca il nirvana?” (The Gospel of Sri Ramakrishna).

Il Tantrismo sottolinea inevitabilmente la santità e la purezza di tutte le cose: ecco perché le cinque cose proibite (le cinque M: il vino Madya, la carne Mamsa, il pesce Matsya, il grano tostato Mudra, il rapporto sessuale Maithuna) costituiscono gli elementi di alcuni riti tantrici.

Gli adepti del Tantra sono “trasversali”, non importa l’appartenenza a una casta o il sesso, anche Sudra e donne possono ricevere le più alte iniziazioni e diventare guru, in netto contrasto con i Veda dove l’ascolto delle scritture è vietato ai Sudra e le donne sono confinate, benché molto lodate in modo sentimentale, a un ruolo spirituale secondario. “L’iniziazione fatta da una donna è molto efficace, quella fatta da una madre è otto volte più efficace”, si legge nello Yogini Tantra. L’idoneità di un devoto tantrico si basa sulla forza della mente e sul potere dell’esperienza.

Questa democratizzazione non significa tuttavia che il Tantra sia per tutti. Il Vocabolario tantrico descrive tre tipi umani: Vira – l’eroe, Pasu – l’uomo del gregge o uomo pecora e Divya – il santo luminoso. Secondo l’ideale del Vedanta, Vira doveva essere sottomesso a Divya, ma nella realizzazione tantrica la vittoria deve essere ottenuta attraverso le passioni: l’adepto non cerca una via per aggirare le passioni, reprimendole in sé e chiudendo gli occhi davanti alle loro manifestazioni esteriori. L’eroe tantrico si immerge nella sfera del massimo pericolo. Le passioni sono parte della natura umana e un principio fondamentale della concezione tantrica è che l’uomo deve progredire nella natura e per mezzo della natura: “Quando si cade a terra – afferma il Kularnava Tantra – ci si deve rialzare con l’aiuto della terra. Il corpo, in primis, non viene dunque escluso. L’uomo non è un tutt’uno con il divino solo nella liberazione, ma sempre, qui e ora, in ogni atto. Ogni funzione dell’uomo, corpo compreso, cessa allora di essere un semplice atto animale e diventa un rito religioso. Quando il Vira mangia, beve o ha rapporti sessuali non compie queste azioni come un individuo che soddisfa i propri desideri limitati, un animale che rubacchia un po’ di godimento alla natura, ma pensando di essere, in tale godimento Shiva stesso. Il primo principio della filosofia tantrica della devozione è infatti: “Chi non è divino, non può adorare la divinità (Nadevo devam arcayet)” (Gandharva Tantra). Non si può sperare di sperimentare l’identità finale se non se ne è già convinti e consapevoli dall’inizio. Sempre nel Gandharva Tantra leggiamo: “Un uomo dovrebbe adorare una divinità divenendo egli stesso una divinità. Un uomo non dovrebbe adorare una divinità senza essere diventato egli stesso una divinità”. Ciò che i saggi vedici avevano ritenuto risiedere nei cieli del macrocosmo, gli adepti tantrici lo sentivano risiedere dentro se stessi, nel microcosmo, e lo chiamarono anch’essi Dio.

Negli Agama Tantrici il Vira è il tipo umano più importante. Se vogliamo è il tipo rajasico, mentre nel Pasu prevale Tamas e nel Divya Sattwa. Le cinque cose proibite sono infatti proibite al Pasu, cui si consiglia di venerare la Shakti come una Madre, non come Sposa e di sottomettersi a lei come un bambino. Venerare la Shakti come Amante è un sentiero pericoloso, adatto solo al Vira. Il Divya è al di sopra delle spavalde e cavalleresche imprese dell’eroe e quindi anche per lui le cinque cose proibite sono assunte non letteralmente, ma trasformate in altro: a esempio maithuna è il coito simbolico tra la Shakti Kundalini in Muladhara e il Supremo Shiva in Sahasrara. E’ solo il Vira che cerca di compiacere la Dea anche come uomo, che soddisfa la donna nel rapporto sessuale. In generale la filosofia Tantra è di tipo erotico: la continua trasformazione delle cose l’una nell’altra è la Realtà della Dea. La femmina si unisce al maschio e trasforma il seme nella comune progenie e questo è il miracoloso enigma di Maya-Shakti. Non è una visione apprezzabile da temperamento intellettuale ma piuttosto da un temperamento artistico: per questo motivo non è una visione molto documentata in letteratura, teologia o filosofia. Lo è nell’arte che è in grado di esaltare il dinamismo dionisiaco della Realtà, di valorizzare e al contempo svilire, divinizzare e al contempo svalutare l’uomo.

Da una lezione di Sw. Virananda:

Secondo il Tantra, la Realtà è pura coscienza (chit), che è lo stesso che essere (sat) e beatitudine (ananda). Nel Tantra, questa tripletta, o Satchitananda è rappresentato dalla coppia Shiva-Shakti, che comprende l’Assoluto, Shiva, e il potere della creazione, Shakti; nel Tantra, ogni concetto del Divino che non includa la Shakti, o la potenza del divenire, è considerato incompleto. Nel processo di manipolazione dell’energia l’adepto del tantra ha diversi strumenti a disposizione: tra questi l’Hatha Yoga, con pratiche anche estreme che portano a un controllo pressoché completo del proprio corpo; la visualizzazione e verbalizzazione della divinità, attraverso i mantra e la meditazione su di essi; e l’identificazione con il divino, con pratiche meditative tendenti a una totale immedesimazione con una divinità. Il Tantra insegna che è possibile raggiungere l’illuminazione anche nelle peggiori condizioni morali e sociali: l’età oscura in cui siamo immersi presenta innumerevoli ostacoli, che rende difficile la maturazione spirituale. Per questo sono necessarie misure drastiche come, appunto, il metodo tantrico. La filosofia del Tantra si basa su varie raccolte di 92 shruti, conosciuti come Tantra; ne esistono varianti Vaishnava, Shaiva, e Shakta, tra le altre. Nel tantra viene insegnato che la realtà si evolve in una molteplicità di cose ed esseri viventi, eppure al tempo stesso resta pura coscienza, essere e beatitudine; in questo processo di evoluzione, Maya (“illusione”) nasconde la Realtà e la separa in due opposti, come conscio e inconscio, piacevole e spiacevole, e così via. Queste condizioni limitano o restringono l’individuo (jiva) e trasformano la sua percezione in quella di un animale. In questo mondo relativo, Shiva e Shakti sembrano separati; nel Tantra, però, anche durante l’evoluzione, la Realtà resta identica, sebbene il Tantra non neghi né l’atto né il fatto di questa evoluzione. Di fatto, il Tantra afferma che sia il processo di evoluzione mondiale sia quello individuale sono Realtà, prendendo le distanze sia dal puro dualismo sia dal non-dualismo del Vedanta. Comunque, l’evoluzione o “corrente di uscita” è solo una delle funzioni di Maya; l’involuzione, o “corrente di ritorno”, riporta il jiva alla sorgente o radice della Realtà, rivelando l’infinito. Si dice che il Tantra insegni il metodo per cambiare il verso della corrente, da quella di uscita a quella di ritorno. Questa idea è alla base di due proverbi tantrici: “Ci si deve rialzare con quello che ci fa cadere” e “lo stesso veleno che uccide diventa l’elisir della vita se usato dal saggio”. Il metodo tantrico consiste nel sublimare piuttosto che negare la realtà negativa; questo metodo si compone di tre fasi: purificazione, elevazione, e “riaffermazione dell’identità sul piano della pura coscienza”.

 

Alcune fonti sono  tratte da ‘Conversazioni con Sai Baba’ e da “Approfondimenti sul tantra” di Jacopo Ceccarelli

Questo libro è consigliabile a coloro che vogliano approfondire il tantrismo evitando le trappole del troppo facile ed erroneo legame con la sessualità, ma che abbiano già una base di cultura filosofica indiana o Yogica, o anche di pratica dello Yoga seguita con maestri seri.

Tantra Tantra
Un’introduzione al Tantrismo
Satyananda Saraswati

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